Filosofia aziendale
Nell’iniziare questo viaggio attraverso le aziende, è stato mio più sentito principio ispiratore cercare di scoprire il particolare “senso della vita” di chi queste aziende ha creato, la sua personale “filosofia”, il carattere dell’uomo che sta dietro alle scelte di una attrezzatura o di una struttura piuttosto che un’altra, di un metodo di gestione delle api piuttosto che un altro. Mentre con molti apicoltori si ritrova questo particolare bandolo della matassa a fatica, scoprendolo dietro il compiacimento tecnico o la enfatica genericità dei discorsi sulla passione per le api, nel caso di Marco Mantovani c’è un’intreccio continuo e in superficie dell’elemento tecnico e di quello esistenziale, tenuti insieme dal collante dell’umorismo.
Il suo riferimento agli avi etruschi non è un puro e semplice compiacimento culturale o un espediente di marketing, ma un sentito rapporto con chi, prima di lui e forse più di lui, è stato radicato in un rapporto con la natura che va facendosi sempre più problematico. Per questo, per esempio, è così sofferto il suo rapporto coi prodotti antivarroa. Per descrivere il percorso della vita Marco usa spesso la metafora della “Curva di Gauss”: “il problema”dice “è essere consapevole in che punto ti trovi di questa curva”, se cioè sei in una spumeggiante fase ormonale giovanile o in un momento in cui devi guardarti intorno e circondarti di tutti quelle piccole utili protesi che ti aiutano a risparmiarti (e che ti avrebbero aiutato fin dall’inizio se avessi posseduto questa saggezza).
La sua creazione di una struttura aziendale leggera e flessibile è strettamente legata alla sua vivida consapevolezza che ogni cosa è destinata a scomparire: “La differenza tra me, che sono un ciabattino dell’apicoltura, e i miei colleghi che la praticano a livello industriale, è che mi contento prima. Non voglio mettere in moto dei volani che poi ti legano. Secondo la fisica così come secondo il Buddhismo, ogni azione crea una reazione, più metti in moto questo volano più ci vuole tempo per fermarlo. A volte la non azione è meglio dell’azione, il vuoto del centro del carro e il mozzo ci vogliono tutt’e due se no giri, giri e non sai cos’è che ti sta portando avanti. Sembra molto filosofico, ma è così”.
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Paolo Faccioli