IL MIELE IN FAVO.

 

Il miele in favo. Vasco, tutte le volte che si parlava di “miele in favo” assumeva un’aria sognante con i suoi occhi d’acqua increspata. Era veloce ritornare al forno di Campi al Mare dove si cuoceva una volta alla settimana, e proprio quella volta si erano confusi l’odore del pane nel forno semispento e il miele messo a struggere, un’estrazione arcaica ma dal raggio grandemente profumato. Vasco ne avrebbe parlato per tutta la sua vita. E gli odori sono come la musica riportano precisamente lì, né un attimo prima né un attimo dopo.

Divo invece tornava a Batignano, con il passaggio del fronte di guerra. Il suo amico Mario, più piccolo e con il cuore sofferente, aveva dei bugni di sughero e fu facile farsi coinvolgere nel raccolto e nel successivo consumo (nonostante le api), anche per lui il tempo si avvolgeva fino ai suoi 15 anni. Avrebbe riannodato quel filo alla venuta della pensione, portando la sua ansia “industriale” nelle misure precise, nei metodi frenetici, nei progetti senza posa, nelle sue capacità oggettive.

Michele, anima lunga, in quella estate di lavoro sotto i lecci e i pini secolari di Rimigliano, dopo aver caricato i melari dello  “zio strano” sul camion, approfittava delle costruzioni di cera e miele costruite di sghimbescio per riempirsi le gote, seduto su una cassetta da sciami, gustando profondamente i sapori fino alla radice del naso. Beandosi del silenzio e della lontananza dal mondo che solo le macchie a ridosso del mare sanno offrire. Penso ritorni raramente a quel pensiero, se non nel momento dell’assaggio, con la stessa soddisfazione di quando a sei anni rimanemmo appesi nel cielo sui “dischi volanti” delle giostre per molte vittorie consecutive.

Marcello, etrusco scalzo e selvatico, uso alle api da sempre, da un’epoca che si può soltanto immaginare, fatta di semi di lino trangugiati a freddo ( per i dolori ) , di “medicina per il bruciato” preparata col sambuco la cera e altre cose segrete, anche lui, come tutti, rideva con gli occhi al pensiero di quel dolce unico, magico, migliore dei mandarini e delle noci regalati la notte di Natale. La sua apicoltura fatta di elastici delle camere d’aria, tetti con il legno delle presentazioni delle mattonelle, fori otturati con stucco da vetrai o cartone o giornali, finché ha potuto, è stata la prova tangibile che le api sono adattabilissime e rustiche e che spesso preferiscono essere ignorate per vivere bene.

Melissa e Cosimo, abituati come sono a respirare il profumo delle api e del miele, conoscono come certo il sapore della cera intrisa. E’ un gesto semplice e familiare. Come se ci fosse sempre stato e come sempre, forse, ci sarà. E’ un sapore di miele rosato che si confonde con i primi ricordi nella culla.

Erich, con il suo essere “vichingo” , come l’ho sempre chiamato, un architetto svizzero prestato alla vita selvaggia in Maremma, non si aspettava certo  che parlando attorno al fuoco con Pierce raccontandogli dei sapori dei mieli del mondo avrebbe fatto rotolare il primo sasso della valanga. Pierce veniva da un terribile incidente. Aveva scelto di dimenticare il passato aderendo ai Woofer (Il movimento WWOOF è nato nel Regno Unito negli anni ’ 70 dall’idea di Sue Coppard che ha dato il via ai primi soggiorni nelle fattorie biologiche in cambio di aiuto) e la sua adesione l’aveva portato a Castagneto Carducci. Intorno al fuoco Erich/Gunter aveva detto che il suo desiderio più grande sarebbe stato di assaggiare tutti i mieli del mondo. Pierce Moore Ede l’avrebbe  fatto. Da quel boccone di cera e miele nella notte di stelle senza luce artificiale a Casavecchia sarebbe nato un libro “Honey and Dust”, il viaggio di Pierce attorno al mondo del miele e i suoi sapori più arcaici. Solo per caso sarei stato capace di risalire dal personaggio Gunter alla realtà del mio amico. Fortuna e Virtus.

Sacrum Officio, “ …fare un’azione sacra, avere cura dell’altro , esprimere i propri sentimenti con belle parole al momento giusto- quasi fossero formule di una liturgia antica e preziosa- il compimento di un’azione sacra che , in quanto tale celebra ciò che importa, celebra il valore che dà un senso a noi stessi e alla vita e non va trascurato, specie nella minutezza della quotidianità….”.

Tutto questo è anche raccogliere e consumare miele in favo.

Un pensiero a Cinzia e Claudia.

https://www.theguardian.com/books/2005/jul/16/featuresreviews.guardianreview6