IL MIELE SALATO
Il miele salato.
Antonio aveva, in cima a S.Carlo, un numero imprecisato di arnie rustiche. Le cortecce di sughero erano disposte a semicerchio e le api uscivano a nuvole con tutta la vallata a disposizione fino all’orizzonte, in basso, dove si vedeva il campanile e il resto del paese di S.Vincenzo. Mi ero spinto fino da “Tonino” per sentire se era possibile acquistare degli sciami e metterli finalmente nelle mie arniette a 5 telai costruite da Divo con del compensato marino. Tonino era per me diciassettenne sicuramente molto anziano. Vestito alla maniera del classico contadino toscano dei primi del ‘900. Mi disse che c’era uno sciame posato su un leccio e che se volevo si poteva prendere quello. Con il “Ciao” della Piaggio rifeci le “balze” della strada senza toccare i freni e dopo poco ritornai con la cassetta e una rudimentale protezione fatta con un casco da metalmeccanico, rete di plastica e tulle da infilare sotto la camicia. Il vecchio Tonino mi portò fino alla base dell’albero, il primo ramo era a circa 3 metri da terra, il grappolo delle api aveva scelto quella posizione e, ripensandoci, era alto ma compatto e facile da prendere. Tonino però, vuoi per l’età, vuoi per l’ingombro della cassetta (lui era abituato a infilare lo sciame nel “tubo” di sughero oltretutto anche molto leggero) sbagliò a centrare il vuoto, così, dalla sommità della scala fatta in legno di castagno mi arrivarono addosso migliaia di api. Nel frattempo avevo indossato (per paura più che per precauzione) il casco e la rete…ma Tonino era salito vestito normalmente…che fine aveva fatto? Reggendo la scala sentì che stava scendendo, alzando la testa vidi che teneva con la destra la cassetta e con la sinistra scorreva i pioli. Era “vestito” di api. Lo sciame si era trasferito quasi completamente nel cappello di paglia e, quello che mi sembrava un ciuffo, era in realtà un pezzo del grappolo che gli ricopriva la guancia destra.
Scese molto tranquillamente, nel caos volante generale, e dopo aver appoggiato la cassetta per terra iniziò a “spogliarsi” indirizzando le api dentro. Via la giacca, scossa, via il cappello, scosso, e così di seguito. Dopo dei lunghi minuti le api iniziarono a entrare e ad occupare i telai e i fogli di cera. Era fatta. Avevo lo sciame. Tonino mi chiamò in disparte e mi disse che con il buio avrei potuto portare via la cassetta. Mi chiese anche se gli potevo levare qualche pungiglione dal viso. Togliendomi il casco e riacquistando una visione normale vidi che per ogni ruga era stato punto almeno dieci volte. La pelle era color del cuoio e la consistenza anche e così mi misi a togliere pungiglioni scostandoli lateralmente uno a uno. Questo mi provocò, nei giorni seguenti, un gonfiore alle mani come se avessi spezzettato del peperoncino per un giorno intero.
Alla fine dell’estate, lo sciame di S.Carlo, con un piccolo melario di cinque telai, smielati con lo smelatore centrifugo a mano, mi dettero il mio primo miele. Con un barattolo da mezzo chilo mi presentai da Tonino per farglielo assaggiare ( succede a tutti quelli che raccolgono per la prima volta…il miglior miele del mondo!). Tonino traguardò il barattolo e mi disse “bravo” e “bellino” , che tradotto voleva dire “pulito” perché al contrario del suo non presentava impurità di nessun tipo. Ma dopo l’assaggio mi disse una cosa che avrei capito solo dopo molti anni.
Disse che era un peccato però che il miele fosse venuto “sciocco”.
In toscana “sciocco” vuol dire “insipido” senza sapore. Me la presi un po’ a male ma, considerata l’età (per come la vedevo allora) registrai la cosa come senza senso. Tonino mi è ritornato chiaramente nella memoria nel momento in cui ho smielato il mio primo miele torchiato, proveniente dalle arnie Warrè. La torchiatura porta con sé il polline insilato nelle celle, le sostanze volatili che vanno via con la disopercolatura, e in generale sostanze e sapori contenuti nella cera che viene disgregata.
Antonio aveva ragione. Peccato che il miele fosse sciocco. Il miele dei suoi bugni rustici era pressato, un miele sapido, ricco, salato.
Un tuffo indietro nel tempo.