La Beekeeping (R)evolution. Di Torben Schiffer.
Ho appreso l’apicoltura convenzionale da mio nonno, nel 2006, nel frattempo studiavo Biologia all’ università di Amburgo. Il mio primo risveglio avvenne quando trattai i miei alveari contro la varroa e successivamente trovai centinaia di antenne sulla rete inferiore. Questo era una risposta delle api ai trattamenti raccomandati, una auto mutilazione. Questa esperienza mi spronò alla ricerca di un migliore metodo per allevarle. Fui fortunatamente richiesto dal prof. J. Tautz per ricercare le differenze climatiche fra cavità negli alberi e arnie moderne e i loro effetti sulla salute dell’ape. Così fummo capaci di stabilire una quantità impressionante di dati che ci portano a concludere che la maggioranza di arnie, comunemente in uso, non offrono un’ambiente appropriato ai bisogni della specie e hanno effetti concomitanti sulla loro salute. Sono stato molto incoraggiato dalla mia ricerca su molte colonie selvatiche in Germania e, queste ultime, sono divenute la mia passione. Credo che abbiano molto da insegnarci. Tutto quello che dobbiamo fare è sviluppare una attitudine aperta e onesta per imparare da loro e applicare questi insegnamenti in tutti i modi possibili. Possiamo già concludere che la maggior parte dei problemi delle api al giorno d’oggi sono prodotti dall’ uomo. Negli ultimi anni mi sono trovato spesso al centro delle rigide critiche in virtù delle mie ricerche su come i metodi moderni in apicoltura influenzano la biologia dell’ape.
Comunque non sto effettuando queste ricerche per fare del piacere a qualcuno!
Faccio questo perché voglio aiutare a preservare l’ecosistema del quale facciamo parte, per le future generazioni e, naturalmente, specialmente per la mia bambina di quattro anni, che già identifica se stessa agli altri come ricercatrice sulle api, probabilmente la più giovane di sempre. Mi sembra che la moderna apicoltura stia spingendo le api come specie verso la loro decadenza , se non compare un movimento contrario. Questo non perché gli apicoltori siano malvagi o disturbati, ma perché la maggioranza non comprende interamente gli effetti delle loro stesse manipolazioni. Complessivamente, mi ci è voluto più di un decennio di ricerche per vedere finalmente un quadro chiaro della miseria che le api sono comunemente costrette a subire nei nostri allevamenti. Anche se la maggior parte degli apicoltori hanno le migliori intenzioni o ragioni idealistiche per tenere le api, sono principalmente ciechi a qualsiasi cosa che non è stato loro insegnato, il che porta facilmente a interpretazioni errate e ad azioni discutibili.
L’APICOLTURA MODERNA E’ BASATA SULLA MANIPOLAZIONE
Nell’apicoltura moderna tutto è orientato verso interventi facili e la prevenzione o la soppressione del comportamento “indesiderato” delle api. Si inizia con le arnie, normalmente non isolate, scatole a pareti fini con telai. I telai da soli bloccano il comportamento naturale delle api in modo significativo in molteplici modi : interrompono la loro comunicazione, che si basa sulla vibrazione; impediscono alle api di costruire liberamente i loro favi , che permetterebbe loro di migliorare il clima impedendo la perdita di calore all’interno di un alloggio inadatto; I telai causano una grande perdita di calore a causa dello spazio/ape. L’aria calda riscaldata dalle api scorre via e si diffonde in tutta la struttura, normalmente voluminosa, e si perde attraverso le pareti relativamente sottili. In confronto, nelle cavità degli alberi, ogni spazio tra i favi forma uno spazio chiuso dove l’aria preriscaldata viene intrappolata ed è ben isolata da pareti piuttosto spesse. Sui telai nelle arnie le api sono costrette ad aumentare il loro metabolismo in modo incisivo. Nonostante il loro sforzo extra, non sono in grado di stabilire un clima stabile in tali alloggi, come non sono in grado di fare geometrie (strutture) adeguate alle specie. Questo sta causando molti effetti collaterali negativi, compresa la perdita dell’atmosfera sterile che si trova nelle cavità degli alberi. C’è un’enorme quantità di letteratura storica che descrive in modo molto convincente il fatto che le malattie e le epidemie si sono diffuse ampiamente quando l’apicoltura ha incorporato i telai e le arnie che sono diventate lo status quo nel nostro tempo. Tuttavia, gli ovvi effetti negativi sono stati ignorati per i vantaggi di una manipolazione più facile. Oggi i telai sono estremamente comuni e per lo più indiscussi, la letteratura storica riferita a quest’argomento sembra essere stata dimenticata. Un testo che vorrei segnalare è “Nestduftwarmebindung” scritto da Johann Thur nel 1946. Consiglio vivamente questa lettura a tutti. Ha descritto l’atmosfera antibiotica in condizioni naturali, che si può trovare anche nelle arnie in vimini. Una traduzione in inglese può essere trovata qui: www.naturalbeekeepingtrust.org/nest-scent-warmth. Mi sono imbattuto in queste sorprendenti coincidenze quando stavo usando un endoscopio ad alta definizione per fare ricerche sulle api nella cavità di una quercia, situata in un tronco massiccio, durante l’inverno. Ora, sapevo già dalle misurazioni che le cavità degli alberi di quercia diventano straordinariamente umide, il che è causato dalla morfologia del legno delle querce. Tuttavia, non potevo credere quanto fosse realmente umido. Il filmato mostra grandi quantità di acqua, non solo sulle pareti interne della cavità ma anche sui favi di stoccaggio e, sorprendentemente, sulle api stesse, non c’era assolutamente nessuna indicazione di agenti patogeni come la muffa che si diffonde ampiamente nelle nostre arnie quando c’è la condensa, anche se avevamo le migliori condizioni che si possano immaginare per la diffusione della muffa stessa. Ulteriori ricerche in materia hanno confermato le osservazioni di Thur e hanno rivelato alcune caratteristiche che nessuno aveva mai osservato prima, come il ciclo dell’acqua nelle cavità degli alberi. Digerendo il miele, le api producono molta acqua. Quest’acqua si condensa sullo strato di propoli della cavità e ne scioglie alcuni ingredienti antibiotici. Le api alla fine raccolgono quest’acqua e letteralmente bevono la propria medicina. Inoltre, anche l’atmosfera stessa mostrava caratteristiche sterilizzanti che potevano essere provate mettendo i terreni di coltura infetti da muffa direttamente nella cavità con il risultato che nessun agente patogeno si diffondeva su di essi. Le pareti della cavità, rivestite di propoli, stanno apparentemente dissolvendo le sostanze antibiotiche nell’aria. Questo effetto sembra funzionare efficacemente a una temperatura superiore ai 10 gradi. Sotto questa temperatura la muffa inizia a diffondersi lentamente, e questo è uno dei motivi per cui non possiamo trovare questo sistema antibiotico nelle nostre arnie. Quelle costruzioni hanno sempre zone fredde, come gli angoli. Un’altra ragione è che le nostre arnie sono troppo lisce e quindi non vengono propolizzate dalle api. In conclusione, il sistema antibiotico che ha mantenuto le api sane per milioni di anni non si ritrova negli alveari moderni. Johann Thur ha anche commentato che malattie come il Nosema e l’AFB sono state diffuse significativamente con l’introduzione delle arnie a telaio. Tenendo conto di tutte le informazioni acquisite, sembra molto plausibile che le malattie comuni dell’apicoltura moderna non siano altro che un effetto collaterale dell’allevamento stabilito, forse più appropriatamente chiamato sistema di “gestione”. Inoltre, non si conosce un solo caso di epidemie di questo tipo che abbiano avuto origine in api che vivevano su alberi o in condizioni naturali comparabili come le arnie in vimini (skep hive).
Ironicamente, ci sono allevatori oggi che cercano di allevare api che propolizzano meno, perché è così appiccicoso sulle loro dita, ciò è paragonabile a una totale de-immunizzazione e un ottimo esempio di miopia umana. Gli apicoltori sono infine molto felici quando si trovano davanti ai loro alveari e le api volano in gran numero, perché ciò indica apparentemente che sono forti e diligenti. Tuttavia, quando queste arnie si trovano accanto a cavità di alberi o altri alveari più strettamente orientati dallo stile di vita naturale delle api, è ovvio che solo la colonia all’interno dell’arnia vola anche quando fuori fa freddo e/o piove, mentre le altre restano dentro. Uno sguardo più attento con la telecamera termica risolve l’enigma. La perdita di energia dell’arnia sotto forma di calore è immensa, il che costringe le api a volare fuori letteralmente in qualsiasi circostanza per raccogliere il combustibile per il loro ripristino termico: il nettare! In conclusione, queste api non mostrano altro che un comportamento compensatorio, basato su una situazione di emergenza imposta. È plausibile che l’aumento del metabolismo risultante dalla perdita di calore e dai volumi eccessivi delle moderne arnie a telaio diminuisca la durata della vita degli occupanti di tali alveari, soprattutto per quanto riguarda la più alta attività del nettare sulle api anziane, che deve essere controbilanciata da un’attività riproduttiva ampliata. Di conseguenza, anche la regina invecchia più velocemente, mentre la popolazione di acari varroa aumenta notevolmente. Questo problema è ulteriormente aggravato dall’aggiunta di volume (di solito sotto forma di melari posti sopra) e dall’ostacolare la sciamatura che è – a scapito delle api – molto comune nell’apicoltura moderna. Entrambe le caratteristiche mostrano un impatto significativo sul comportamento delle api e sul tasso di infestazione da acari varroa. La quantità di covata in un arnia standard da sola potrebbe facilmente riempire il tipo di cavità dell’albero che le api preferirebbero, senza lasciare spazio per la conservazione del cibo! I nidi di covata massicci desiderati dagli apicoltori favoriscono quantità altrettanto massicce di acari della varroa. Aggiungendo volume, schiavizziamo letteralmente le nostre api nel loro istinto più forte l’istinto più forte delle api è quello di avere una scorta che viene realizzata nella parte superiore e completamente riempita. Finché la soffitta non viene riempita, la colonia volerà avidamente per l’obbiettivo desiderato – proprio come una rondine. Nel frattempo altri importanti comportamenti naturali come il grooming e il washboarding, verranno rimandati. Il numero di acari varroa che stiamo allevando in questi modi di gestione che non meritano il nome di “ allevamento” non potrebbe mai essere eguagliato in condizioni naturali, la parte principale della covata sta solo bilanciando la perdita di calore dall’arnia stessa. Una cavità dell’albero che le api preferiscono ha un volume da 20 a 40 litri, che è il volume di una singola parte di un’arnia ordinaria. Se finiamo con una colonia di api, nido e quattro melari, abbiamo a che fare con un volume di 160 litri, a volte di più. Tutto quello spazio deve essere riempito con favi, covata e scorte, mentre la struttura stessa perde allo stesso tempo grandi quantità di energia. Questo può essere ottenuto solo da una colonia di api che viene manipolata per la riproduzione e la raccolta, ma che trascura altri comportamenti vitali che possono essere facilmente osservati in alloggiamenti adatti alla specie.
Questo diventa ancora più chiaro quando si calcola ad esempio il tempo di lavoro con i parametri impostati al confronto. Questo calcolo è solo un esempio e altamente variabile in base a molteplici fattori. Serve a chiarire che le arnie standard stanno sprecando milioni di ore di capacità di lavoro a causa della perdita di energia, mentre le api in condizioni naturali stanno usando questo tempo per il comportamento naturale – un fattore chiave per la loro capacità di sopravvivenza indipendente. In media, una colonia di api gestite in un alveare Zander ha bisogno di circa 300 kg di miele (circa 600 kg di nettare) per sé ogni anno. Questa quantità impressionante di miele è necessario per mantenere la temperatura della covata, costruire i favi, disidratare il nettare con il calore e la ventilazione, e così via. Circa 20 kg sono necessari per sopravvivere all’inverno. Perciò l’assunzione e la produzione di nettare occupano permanentemente la maggior parte della capacità lavorativa complessiva delle colonie di api. Sono necessarie 100.000-200.000 bottinatrici di nettare a vita breve (in totale) per fare questo lavoro. Si producono enormi quantità di covata e come effetto collaterale si generano grandi quantità di acari Varroa.
Se si calcolano solo le ore di volo delle bottinatrici di nettare, si arriva facilmente a 20 milioni di ore all’anno, solo per l’assunzione (a seconda dei parametri, esclusi il trattamento di immagazzinamento del nettare e il raccolto degli apicoltori). Al contrario, una cavità di un albero richiede normalmente solo una frazione di questa energia. Una colonia di api in una forma di alloggiamento orientata alla natura o alla specie ha un’assunzione che è circa dieci volte inferiore. Questo significa che una tale colonia di api avrebbe bisogno solo di circa 30-50 kg di miele all’anno, compresi solo circa 2 kg di stoccaggio per sei mesi di inverno. In conclusione, le bottinatrici di nettare di una colonia di api in una forma naturale di alloggio volano circa 18,3- 19 milioni di ore in meno in un anno rispetto ad una colonia di api in un’arnia (sulla base degli stessi parametri in questo calcolo). Tenendo conto che una colonia nell’albero è normalmente circa quattro volte più piccola a causa del volume dato, significa ancora che volerebbero circa 4,5 milioni di ore in meno rispetto alle api in un’arnia con lo stesso volume. Questo è il prezzo che le api pagano per l’alloggiamento e i telai inadeguati alla specie che imponiamo loro. La perdita di energia degli alveari moderni sta causando molteplici effetti collaterali, come il collasso delle colonie nella prima fase della covata dopo l’inverno perché non sono in grado di affrontare un altro periodo di freddo. Covata raffreddata, fame delle colonie nella siccità in piena estate, saccheggio di quelle più deboli, infestazioni massicce di varroa – specialmente quando le api sono ostacolate a gironzolare, private dei loro comportamenti naturali come la toelettatura, diffusione della muffa sui favi di stoccaggio, infezione con spore di muffa e tassi di mortalità più alti durante l’inverno: questi sono alcuni dei risultati disastrosi del moderno management delle api, per non parlare degli effetti dell’apicoltura di massa sulle api selvatiche solitarie. Ogni colonia di api allevate in un alveare ordinario usa circa mezza tonnellata di nettare in più rispetto alle loro parenti che vivono in condizioni naturali – in un’estate! È interessante notare che molte api solitarie sono già in pericolo di estinzione e stanno diminuendo significativamente di numero ovunque mettiamo in gran numero i nostri alveari inadatti, e questo è dovuto all’enorme aumento della competizione per le fonti di nettare. Possiamo vedere che il metabolismo notevolmente aumentato delle api, causato dalle significative perdite di energia delle arnie a telaio ordinario, sta prendendo il suo pedaggio. Questo si riflette anche nel tasso di mortalità durante l’inverno. Abbiamo letteralmente sbattuto le loro vite nella perdita di calore dell’alloggio inadeguato “in una scatola”. Inoltre, ogni chilo di zucchero che viene digerito dalle api produce circa 0,7 kg di acqua che poi si condensa negli angoli e alimenta la muffa che si diffonde favi che poi infettano le api, causando il collasso di molte colonie durante l’inverno.
Un’altra questione è che le manipolazioni genetiche sono oggi molto comuni. Sembra che ignoriamo completamente il fatto che ogni caratteristica che desideriamo e alleviamo nelle api costa qualcosa in cambio. Sorprendentemente, tutti i criteri che definiscono una “buona ape” nell’apicoltura moderna diminuiscono la capacità di sopravvivenza indipendente della specie stessa. Inoltre, l’apicoltura moderna ha eliminato la selezione naturale, l’unica forza in grado di generare api vitali basate sul processo di sopravvivenza del più adatto.
IMPARARE DALLE API
Dato quello che sappiamo, ritengo che sia assolutamente necessario prestare attenzione ai principi che permettono alle api di sopravvivere senza alcuna interferenza umana. Possono, questo è ovvio, nonostante questo fatto cruciale sia persistentemente negato dalle principali organizzazioni che definiscono l’apicoltura moderna oggi. La migliore prova è nelle arnie, in condizioni totalmente innaturali. Questo è assolutamente paragonabile alla ricerca scientifica sul comportamento “naturale” degli animali che vivono in uno zoo, o negli allevamenti di massa; Io la chiamo “ricerca negli zoo”. Non c’è assolutamente alcuna possibilità di imparare qualcosa sul comportamento “naturale” di una colonia di api che è tagliata in telai, che vive in una scatola ed è gestita da un apicoltore. Se vogliamo davvero imparare qualcosa dalle api, dobbiamo monitorarle in condizioni naturali, indisturbate e nel loro habitat perfetto: la cavità degli alberi. Oggi, una cosa è assolutamente certa: solo le condizioni naturali e adatte alla specie permetteranno alle api di dispiegare il loro comportamento naturale e le loro capacità che sono geneticamente predisposte!
COMPORTAMENTO EFFICACE NEL GROOMING (SPIDOCCHIAMENTO)
È comunemente noto che le api mostrano un comportamento dinamico in base alle condizioni che devono affrontare. Per esempio, la ricerca scientifica ha confermato che togliere la covata opercolata per il trattamento della varroa in luglio non porta a colonie più piccole alla fine dell’estate. Le colonie sostituiscono la covata mancante con un aumento della fase riproduttiva. L’ape nera è nota per controllare la sua efficienza energetica regolando la quantità di covata ai cambiamenti di raccolta di nettare in natura. Inoltre, è noto che le api degli sciami artificiali, formati da un apicoltore, riattivano le loro ghiandole della cera o anche le ghiandole della testa per creare gelatina per la covata, anche se le loro ghiandole avevano precedentemente essiccato. Il comportamento generale delle api è altamente adattivo, perciò non c’è da meravigliarsi se siamo stati in grado di imbatterci in un altro comportamento estremamente interessante che si è rivelato essere dinamico: l’attività di grooming. Durante l’estate del 2018 ho raccolto circa 2000 campioni di lettiera di api da 100 colonie in diversi alveari. Abbiamo potuto trovare un efficace comportamento di grooming, dove fino al 70% degli acari sono stati uccisi dalle api. Tuttavia, solo tre alveari su 100 hanno mostrato questo comportamento inizialmente. È interessante notare che il comportamento di grooming efficace potrebbe essere determinato solo in colonie che non erano gestite. Inoltre erano tenute in arnie relativamente piccole, nuclei per la sciamatura. La maggior parte delle altre colonie gestite aveva un tasso di grooming solo tra il 5-10%. In conclusione, non tutte le colonie che vivevano in queste più orientate alla natura ha mostrato un efficace comportamento di grooming ma tutte le colonie che lo mostravano vivevano in condizioni più naturali, il che significa che non sono state disturbate o manipolate raccogliendo miele o aggiungendo spazio. Inoltre, questo comportamento ha dimostrato di essere dinamico. Quando a una delle colonie efficaci è stato dato spazio aggiuntivo, il tasso di grooming è sceso drasticamente da circa il 70% a meno del 15% entro una settimana. Tipicamente, l’attività di grooming può essere osservata facilmente nelle arnie orientate alla natura. Thomas Seeley mi ha confermato che il tasso di grooming nelle cavità degli alberi sarebbe da qualche parte tra il 40 e il 60%, che è anche molto più alto di quello che abbiamo osservato nei box gestiti. Questo comportamento sembra essere per lo più legato e subordinato all’assunzione di nettare. Se la parte alta non è riempita, sembra esserci quasi nessun tempo per le api di prendersi cura di se stesse. Tuttavia, circa dieci anni fa avevo una colonia in un’arnia ordinaria che non cresceva molto bene e la consideravo “solo pigra”. Uno sguardo più attento ha rivelato che passavano molto tempo a pulirsi a vicenda nonostante fossero in una scatola. Purtroppo, queste colonie sono normalmente percepite come improduttive, e la sostituzione della regina è scelta come soluzione rapida. Dobbiamo davvero cambiare il nostro modo di pensare.
SVILUPPO DELLA COLONIA DI API IN CONDIZIONI NATURALI
Il comportamento di una colonia di api dipende molto dal suo alloggiamento. La cavità di un albero ha un volume stabilito che è piuttosto piccolo rispetto alle arnie moderne. A partire dalla primavera, le api sviluppano normalmente una zona di covata relativamente grande che viene presto spostata verso il basso dalla prima assunzione di nettare (non c’è spazio aggiunto dall’apicoltore) e infine viene diminuita ancora di più nella raccolta. Quando questo accade, il comportamento naturale come il grooming e il washboarding viene innescato e può essere ampiamente osservato. Nel frattempo anche l’attività di bottinatrice di nettare si riduce notevolmente. Inoltre, in questa fase si schiudono molte api che non hanno bisogno di nutrire la prole. Di conseguenza, queste api non sono logorate dall’attività debilitante di generare gelatina per la covata, il che si traduce in una durata di vita molto più lunga di circa 6 mesi. Durante la fase successiva si generano i fuchi e si producono gli sciami. Tutti questi episodi hanno perfettamente senso per quanto riguarda il consumo globale di energia, che viene ridotto dalla diminuzione della zona di covata così come dalla sciamatura in uscita (meno bocche che si nutrono delle scorte). Una riduzione significativa dello sviluppo della varroa è un effetto collaterale naturale di queste condizioni. Confrontando l’attività dei miei panieri (arnie tradizionali in paglia ndt ) e delle mie arnie ordinarie, le differenze di comportamento sono sorprendentemente evidenti. Mentre le api nelle arnie non fanno apparentemente altro che volare, anche in caso di maltempo o di freddo, le api nelle arnie a paniere sono occupate a lavare a fondo e ad altri comportamenti vitali come pulire l’alveare dalle tarme della cera, togliere le larve infette. Apparentemente sono impegnati in comportamenti vitali per i quali hanno tempo perché hanno riserve sicure e per il basso consumo energetico della struttura. È interessante notare che quando gli sciami fuori dalle arnie ordinarie sono messi in simulazioni di cavità di alberi, cambiano presto il loro comportamento. Questo ci mostra che l’informazione era geneticamente esistente per tutto il tempo, ma semplicemente non era attivata dalle condizioni dell’arnia.
RIDUZIONE DEGLI ACARI A CAUSA DELLA SCIAMATURA
Molti apicoltori sembrano ignorare la grande quantità di riduzione degli acari della varroa ottenuta con la sciamatura. Questo è dovuto al fatto che uno sciame porta via circa il 20% degli acari della varroa. Ora, non ha senso che la varroa generi uova quando non possono essere deposti. Ecco perché la successiva pausa della covata fa sì che gli acari della varroa cambino fisicamente e diventino sterili, come gli acari invernali. Inoltre, tutte le varroe sono costrette a sopravvivere aggrappandosi alle api, che sono molto attive. Questo porta a una riduzione dell’acaro dell’1-1,5% al giorno per il fatto che le api volano via e non ritornano, mordono o si scrollano di dosso gli acari o a volte si verifica anche la morte naturale. Inoltre, anche se gli acari rientrano nella covata dopo circa 4 settimane, sono ancora sterili. Ci vogliono circa 4 settimane in più perché diventino di nuovo fertili. Quindi la pausa della covata per le api è solo di circa 4 settimane, mentre per la varroa è di 2 mesi. Come risultato abbiamo una riduzione complessiva degli acari fino al 70% nella colonia madre, entro la fine di luglio o l’inizio di agosto (due mesi dopo la partenza della sciamatura). Anche negli alveari ordinari la riduzione per sciamatura è così immensa che nella maggior parte dei casi non è necessario alcun trattamento della varroa.
LA CAVITA’ DELL’ALBERO, UN HABITAT PERFETTO
A metà del 2015 sono stato assunto dal Prof J. Tautz e incaricato di fare una ricerca sulle api che vivono in condizioni naturali. Il mio incarico di ricerca scientifica è il seguente: confronto delle condizioni climatiche delle cavità degli alberi e degli alveari artificiali e i suoi possibili effetti sulla salute delle api. Mi chiedo ancora oggi che mi sia stato dato questo compito dopo le migliaia di anni che gli umani hanno tenuto le api. Com’è comprensibile, che noi sappiamo di più sui bisogni di qualsiasi altra creatura come serpenti esotici, ragni e rettili che teniamo nei terrari, mentre allo stesso tempo sembriamo non sapere quasi nulla sulle richieste e le esigenze naturali della creatura più importante, riguardo al suo ruolo nell’ecosistema? Bisogna capire che le condizioni climatiche definiscono gli habitat ecologici, il che significa che tutte le specie si sono adattate a certe condizioni climatiche durante milioni di anni di evoluzione. Quindi ogni specie ha i suoi requisiti specifici che sono definiti in una gamma tra l’ottimo e il peggiore. L’ottimale significa fondamentalmente le condizioni perfette per una specie per vivere e diffondersi, mentre il peggiore caratterizza le condizioni peggiori che permetterebbero solo la sopravvivenza. Le condizioni climatiche sono quindi uno dei fattori selettivi più importanti per gli esseri viventi. Non è altro che il senso comune che una cavità dell’albero fornisce condizioni climatiche totalmente diverse rispetto alle scatole di legno leggero o, peggio ancora, di plastica. Questo è chiaramente dimostrato anche dai dati delle misurazioni climatiche. Questa particolare ricerca ha rivelato che le api sono comunemente tenute in condizioni pessime nell’apicoltura moderna; a volte anche peggio. Anche le arnie di polistirolo ben isolate mostrano regolarmente un clima più freddo e molto più instabile all’interno, rispetto alle cavità degli alberi. Allo stesso tempo sono estremamente umidi. È letteralmente come vivere in un sacchetto di plastica. C’è un’esperienza facile per esemplificare queste condizioni. Se si mette un sacchetto di plastica trasparente sulla mano, si formerà presto della condensa all’interno. Questo effetto è anche dinamico. Più fa freddo all’esterno, più velocemente avviene la condensazione all’interno. A causa della mancanza di un’atmosfera sterile nelle cassette di plastica, la muffa del favo inizia a diffondersi senza ostacoli con gli effetti collaterali già descritti. C’è un numero crescente di apicoltori che sono consapevoli del fatto che le api hanno bisogno di protezione contro la perdita di calore, il che fa sì che sempre più alveari vengano isolati. Questo isolamento, tuttavia, è fatto per lo più con materiale leggero, che è efficace nel conservare il calore, ma non fornisce ancora la stabilità climatica per quanto riguarda le temperature esterne, come fa una cavità dell’albero. La massa di un albero con le sue solide pareti non solo isola, ma accumula anche la temperatura, il che porta ad una notevole stabilità climatica, mai vista negli alveari moderni. È paragonabile a un grande lago che non cambia rapidamente la sua temperatura quando cambia il tempo. Questa stabilità salva la vita di molte colonie di api, perché quelle che vivono in condizioni così stabili non vengono innescate dai primi giorni di caldo esterno per iniziare a produrre covata. Le condizioni instabili stanno causando il collasso di molte colonie più deboli ogni anno. Poiché la temperatura interna è estremamente legata a quella esterna negli alveari moderni, le api di solito iniziano a riprodursi durante i primi giorni caldi. Questi sono spesso seguiti da un altro periodo freddo con conseguente covata raffreddata e una colonia esausta che ha dato le sue ultime forze per generare la prole. Inoltre, gli apicoltori mettono normalmente le loro api direttamente sul terreno, da qualche parte in un giardino o in un campo. La luce diretta del sole, il vento e la pioggia aumenteranno ulteriormente la già enorme instabilità del clima interno. Le api si sono evolute per 45 milioni di anni vivendo nelle foreste. Ora ogni bosco ha il suo microclima. In un tale ambiente, non fa mai caldo, secco, ventoso o soleggiato come altrove. In conclusione, le condizioni climatiche notevolmente stabili di una cavità arborea sono significativamente migliorate dalle condizioni climatiche stabili dell’ambiente, un fatto che viene ignorato dalla maggior parte degli apicoltori. Un altro esempio tipico delle condizioni pessime superate causate dagli alveari moderni sono le api che muoiono di fame sui favi di stoccaggio pieni, durante l’inverno. Principalmente questo è causato dai telaini e dalla perdita di calore. I favi di stoccaggio si stanno letteralmente congelando e stanno quasi raggiungendo la temperatura esterna nella maggior parte delle strutture moderne dell’alveare. Di conseguenza, le api devono usare grandi quantità di energia per preriscaldare i depositi prima di potersi nutrire di essi. A volte sembrano essere incapaci di preriscaldare la prossima cornice e quindi muoiono di fame sedendosi direttamente sul loro deposito congelato, condizioni che di solito non si trovano mai nelle cavità degli alberi. Inoltre, molte colonie crollano a causa dell’aumento del metabolismo basato sulla perdita di calore delle geometrie e dei volumi moderni. Le api si consumano rapidamente, il che si riflette anche nella mortalità in questi alveari. Inoltre, le grandi quantità di stoccaggio generano grandi quantità di acqua e di condensa che portano quasi automaticamente alla diffusione della muffa sui favi. Le api si infettano e non raramente collassano a causa dell’infezione. Vivere in una scatola voluminosa e dalle pareti sottili in confronto a una cavità dell’albero piuttosto piccola, cilindrica e dalle pareti massicce, può essere paragonato a sopravvivere d’inverno in una tenda all’aperto piuttosto che in una solida casa a blocchi costruita con enormi tronchi di legno. Lo sappiamo molto bene da noi stessi. Nonostante il fatto che siamo diventati per lo più indipendenti dal tempo esterno usando vestiti e riscaldamento nelle nostre case e persino nelle nostre automobili, la maggior parte di noi si ammala ancora regolarmente, quando le temperature scendono in inverno. Il clima ha un effetto enorme su ogni creatura vivente. Inoltre, a causa della mancanza di propoli e dell’atmosfera sterile, molti agenti patogeni si diffondono, causando ulteriori problemi.Come se non bastasse, raccogliendo tutto il miele e sostituendolo con acqua zuccherata miniamo il sistema immunitario e il rinnovamento cellulare delle api. Nessuna cellula può essere sostituita dal metabolismo delle api se gli ingredienti che sono necessari per costruire effettivamente le cellule, come proteine, minerali, vitamine, sono assenti dalla nutrizione – un fattore che è unicamente causato dall’apicoltore e alimenta il problema dell’alloggiamento non appropriato alla specie. Ora immaginatevi di essere costretti a sopravvivere circa sei mesi in tali condizioni nutrendosi di acqua zuccherata in decomposizione, senza alcun ingrediente vitale. Per me è assolutamente sorprendente che le api riescano a fare anche questo. Un fattore piuttosto indiretto, che tuttavia è anche collegato alla custodia e all’allevamento, è il trattamento degli acari della varroa con acidi organici. dove le api sono talvolta colpite in modo fatale.Questi sono solo alcuni esempi di situazioni pessime superate che stiamo imponendo alle nostre api secondo gli standard dell’apicoltura moderna.
CARATTERISTICHE SPECIALI DELLA CAVITA’ DI UN ALBERO
Dai dati raccolti, possiamo già concludere che più la geometria di un alveare differisce dalla forma piuttosto cilindrica di una cavità dell’albero, meno stabile è il clima all’interno. Il Bienenkiste: Una scatola molto piatta con una grande superficie, perciò la perdita di temperatura è immensa e non può essere bilanciata dalle api .
Le api sono in grado di stabilire condizioni climatiche stabili, ineguagliate dalle arnie artificiali. La stabilità è basata su: l’ubicazione, lontana dal suolo che è sempre umido e consiste di agenti decompositori come batteri e muffe; la geometria, pareti spesse con piccolo diametro e volume con una forma cilindrica che isola e concentra l’aria calda prodotta dalle api. I favi e alcuni strati del legno sono preriscaldati e immagazzinano l’energia calda, funzionando fondamentalmente come un sistema di radiazione. Di conseguenza, cambiamenti rapidi come l’abbassamento della temperatura non hanno quasi nessun effetto sulla stabilità all’interno della cavità. In contraddizione: negli alveari moderni i favi di stoccaggio raggiungono regolarmente meno gradi durante l’inverno, portando a condizioni che si troverebbero in una borsa frigo piena di ghiaccio – Le fibre aperte del legno, specialmente nella parte inferiore e superiore, stabilizzano il clima dovuto all’assorbimento e al rilascio dell’umidità. Tutta la massa del legno accumula le condizioni ambientali avendo come risultato una stabilizzazione del clima, comparabile ad un lago. Le cavità degli alberi con tutte le loro caratteristiche sono l’habitat naturale delle api da circa 45 milioni di anni. Si sono evolute in queste strutture. Le cavità offrono un riparo quasi perfetto dalle condizioni esterne e permettono alle api di seguire la loro biologia naturale e il loro comportamento. Un’atmosfera sterile così come un ciclo dell’acqua antibiotico basato sulla propolizzazione accurata della cavità e il caldo, ha mantenuto le api resistenti agli agenti patogeni. Questo indica che le epidemie e le malattie nell’apicoltura moderna sono gli effetti collaterali negativi di un’apicoltura non adeguata alla specie. La quantità di energia che viene utilizzata necessaria per la sopravvivenza è molte volte più piccola che negli alveari moderni, con il risultato di milioni di ore che le api nelle geometrie moderne sono costrette a lavorare in più. Perciò nell’apicoltura moderna si osserva soprattutto un comportamento compensatorio e molte colonie di api crollano soprattutto durante l’inverno, a causa del superamento delle condizioni sopportabili. Un altro argomento che viene quasi totalmente ignorato dall’apicoltura moderna è che le api in condizioni naturali vivono in una comunità di centinaia di specie. Questa microfauna ha dimostrato di essere altamente benefica per le api. che si nutrono dei resti del polline caduto; acari predatori che si nutrono degli acari del polline e tarme della cera che si nutrono di altro materiale organico. Tuttavia ci sono anche pseudo scorpioni che si nutrono di tutte le piccole creature che popolano questo complesso ecosistema, compresi gli acari varroa. Così facendo hanno dimostrato di essere molto efficienti nel ridurre la popolazione dell’acaro varroa senza causare alcun danno alle api, come i pesci che puliscono le barriere coralline degli oceani. Ironia della sorte, tutta la microfauna che globalmente sovrasta le colonie d’api in condizioni naturali, ancora oggi, è spazzata via dalle arnie moderne e dalle sostanze di sintesi utilizzate per la lotta alla varroa. In conclusione, l’apicoltura moderna si è evoluta in una forma di allevamento intensivo, includendo un disinteresse totale dello stile di vita naturale e dei bisogni delle api e della microfauna che le circondava. Cadiamo anche all’ostacolo più basso, che è fornire le condizioni naturali per una delle specie tra le più importanti del nostro mondo! Ignoriamo allegramente le loro esigenze naturali e la loro biologia. Inoltre abbiamo praticamente abolito la selezione naturale, l’unica forza che è in grado di generare api che mostrano tutte le sfaccettature che definiscono la sopravvivenza. Inoltre, stiamo interferendo ampiamente con la loro genetica per creare api che mostrano solo un comportamento che soddisfa le esigenze umane. Combattere sintomi come varroa, nosema, AFB e altre malattie sembra essere lo spirito del tempo, il che significa che la maggior parte degli apicoltori non si rendono conto che stanno combattendo principalmente i sintomi del loro sistema di apicoltura totalmente innaturale che non è allevamento ma gestione con criteri discutibili. È chiaro che l’apicoltura di oggi ha perso in gran parte la sua connessione con la vera natura della specie, che in assenza di una efficace contromossa ispirata dall’apprendimento delle api, porterà alla fine alla scomparsa delle api stesse. È sorprendente che la maggior parte degli apicoltori principianti di oggi siano idealisti. Quando viene loro chiesto, rispondono in modo schiacciante che la loro motivazione più importante è quella di proteggere la specie e fare qualcosa di buono per Madre Natura. Ironia della sorte, finiscono per imparare un sistema di allevamento basato sulla manipolazione e lo sfruttamento e rimangono intrappolati nella trappola di curare gli effetti collaterali di un tale stile di gestione. Anche molti apicoltori esperti sono a disagio con i metodi di trattamento e manipolazione ma non vedono alternative.
Questo è il motivo per cui ho fondato la Beekeeping (R)evolution
Beekeeping (R)evolution è un programma di protezione delle api che segue l’obiettivo di fornire un contrappeso all’apicoltura moderna. Significa proteggere la natura, la biologia e lo spirito delle api contro le manipolazioni e gli interventi umani e dare loro non solo il diritto di vivere indisturbate ma anche di morire. Mantenere le api in condizioni adeguate alla specie è della massima importanza, significa proteggere e preservare le specie concedendo loro il diritto di “selezione naturale” invece di “selezione in scatola” o peggio ancora “selezione umana”. Ora, so che ci sono molti programmi in cui le api non vengono trattate per la selezione naturale, vivendo in condizioni totalmente innaturali; – in una scatola e su telai! La scatola stessa è praticamente un fattore selettivo significativo, a causa dei fatti già descritti. Come risultato, le perdite saranno molto più alte del necessario. È paragonabile all’interruzione del trattamento con antibiotici in un allevamento di massa industriale. Molti di questi animali morirebbero solo a causa dell’ambiente in cui si trovano. Il Beekeeping (R)evolution è il primo programma che si concentra sulla lotta alla causa e non ai sintomi della varroa e di altre epidemie, fornendo condizioni naturali per le api, prima di lasciarle passare attraverso il processo di sopravvivenza del più adatto.
In questo spirito, a partire dal 2020 in Germania offrirò corsi di apicoltura adattata alle specie secondo la mia scoperta e il mio stato di conoscenza fino ad ora. Chiediamo una diversità molto più ampia di educazione all’apicoltura per soddisfare le aspirazioni dei custodi e dei protettori delle api che mettono onestamente la natura delle api e le loro esigenze specifiche al centro delle loro azioni. A questo scopo stiamo lavorando attualmente a definire un’apicoltura adeguata alla specie insieme al Prof. Jurgen Tautz. Purtroppo finora non è stato possibile, a causa della mancanza di dati sulle api nei loro habitat naturali, definire veramente un’apicoltura adeguata alla specie, anche se voglio riconoscere gli sforzi fatti, per esempio, dagli apicoltori biodinamici in Germania nel creare il primo “Demeter Standards of Beekeeping” negli anni ottanta del secolo scorso. Questa lacuna è stata ora colmata e stiamo per pubblicare una definizione veramente storica. Sarà una chiara dissociazione dai metodi di apicoltura moderni. E’ molto di più che fare apicoltura in arnie ordinarie, dove le esigenze naturali di base delle api vengono completamente ignorate. Nonostante i molti lobbisti dell’allevamento delle regine, del commercio e dell’industria farmaceutica che influenzano e dirigono l’apicoltura moderna e sono molto contrari – forse indignati – da questo nuovo movimento, il numero di coloro che desiderano fare del bene alle api sta crescendo rapidamente, e insieme siamo determinati a proteggere le nostre amate api! C’è una crescente comunità di persone che vogliono davvero salvare la specie e che non si preoccupano degli “standard apistici” o del denaro. Per queste persone non ha senso imparare a manipolare il comportamento delle api con interventi grossolani. Per osservare le api, per imparare da loro, per aiutare a preservarle per le generazioni future, non si ha alcun bisogno di imparare l’arte della manipolazione e dello sfruttamento.
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Traduzione M.Mantovani