UMIDITA’ DELL’ALVEARE
L’umidità della covata nel nido è importante per il benessere globale della colonia d’api. Numerosi studi hanno dimostrato che sia un alto livello o un livello basso di umidità influenza la salute della covata e delle api adulte; sia direttamente, per esempio, ad un livello inferiore al 50% di umidità relativa nelle cellette della covata nessun uovo si schiude (Doull 1976), questo sembra essere particolarmente rilevante per i piccoli nuclei, che indirettamente favorisce lo sviluppo delle patologie. A titolo esemplificativo salendo l’umidità dal 68% all’ 87% la percentuale della mummificazione della covata, causata dalla “covata calcificata” incrementa dell’ 8%. La capacità riproduttiva della Varroa Destructor diminuisce con l’incremento dell’umidità. La termoregolazione e la concentrazione del nettare sono strettamente collegate con i livelli di umidità nell’arnia (Ellis 2008).
Durante il periodo di assenza della covata ci si aspetta di vedere una variazione di umidità nel nido al variare della temperatura. Ciò è dovuto al fatto che l’umidità relativa è il totale dell’acqua trattenuta dall’aria riferita al massimo valore di quella che può essere presente ad una certa temperatura.
L’umidità relativa (o UR) è il rapporto tra la quantità di vapore acqueo contenuto in una massa d’aria e la quantità massima di vapore acqueo che la stessa massa d’ aria riesce a contenere nelle stesse condizioni di temperatura e pressione.
Più è calda l’aria e più acqua può essere trattenuta dunque come varia la temperatura così fa assieme l’umidità relativa.
Durante il periodo di allevamento della covata i livelli medi di umidità nel nido in una sana e forte colonia d’api si attesta tra il 50% e il 60%. Si trova raramente al di sotto del 40% e al di sopra dell’ 80%. Su una base quotidiana, sempre in una forte colonia, questo valore è stabile e non correlato alle condizioni ambientali, mentre in una colonia debole questo segue l’andamento dell’ambiente esterno. Durante il glomere invernale l’umidità e l’andamento della temperatura sono intimamente correlate, con 1 o 2 ore di ritardo dovute all’inerzia termica dell’arnia. Un altro importante fattore che influenza il livello dell’umidità nel nido è la quantità di covata non opercolata. Essa è direttamente proporzionale al livello di umidità nell’arnia che si spiega con il fatto che le uova e le larve sono altamente sensibili alla disseccazione.
Come l’area della covata ha bisogno di alti livelli di umidità così il nettare immagazzinato desidera bassi livelli di umidità per permettere l’inizio dell’evaporazione ( cioè della trasformazione da nettare a miele ndt), si pensa che le cellette della covata abbiano un microclima con un’umidità relativa significativamente superiore a quella dell’intero nido. Ciò si ottiene grazie alla presenza della pappa reale, che ha un alto contenuto di acqua, e dei bozzoli che sono igroscopici e assorbono l’acqua stessa (Human 2006). Inoltre le api nutrici che coprono i telai della covata limitano la quantità di acqua che evapora dalle celle della covata non opercolate. Si pensa ora che le colonie di api regolino l’umidità in modo attivo, attraverso la ventilazione, l’estrusione delle goccioline e la estroflessione della lingua, e passivamente attraverso la presenza di accumuli di umidità (nettare e bozzoli) e scorte (nettare) (Ellis, 2008). In termini pratici, i livelli di umidità monitorati, a seconda della stagione, sono un’ottima misura dello stato della colonia. Riassumendo, durante i periodi di allevamento della covata in una colonia forte i livelli di umidità dovrebbero essere stabili. I periodi senza covata sono caratterizzati dalle fluttuazioni che seguono l’andamento della temperatura dell’alveare. Infine, il periodo invernale a glomere è caratterizzato dalle fluttuazioni che seguono le variazioni ambientali con un ritardo di 1-2 ore. Pertanto, qualsiasi deviazione da queste tendenze è motivo di preoccupazione. Il monitoraggio dell’umidità dell’alveare può quindi fornire informazioni molto utili per gli apicoltori. Il grafico di un alveare monitorato mostra i valori tipici estivi con umidità stabile al 55% circa e temperatura della covata stabile a 34°C circa.
I grafici ottenuti mostrano letture di umidità invernale più elevate, intorno al 65%. E’ da notare che i livelli di umidità fluttuano maggiormente in risposta alle condizioni ambientali, gli aumenti di temperatura sono correlati a riduzioni di umidità.
Gli apicoltori più esperti diranno che durante l’inverno è l’umidità piuttosto che il freddo che uccide le api. Quindi cosa può fare un apicoltore per aiutare la ventilazione degli alveari?
Le linee guida sono varie e ci sono due principali scuole di pensiero. Una sostiene la ventilazione assistita dell’alveare lasciando dei fori di ventilazione o inserendo degli spessori negli angoli sotto il coprifavo o lasciando aperto il foro di alimentazione sempre nel coprifavo. Questo consiglio viene dato di solito dagli apicoltori che usano fondi solidi. D’altra parte, se l’alveare è dotato di un fondo anti Varroa a maglia aperta, il pensiero è che i metodi di ventilazione superiore non sono necessari in quanto il pavimento a maglia funge da sistema di ventilazione inferiore.
Si ritiene inoltre che in questi allestimenti sia utile un isolamento supplementare sotto forma di trapuntatura o di tetti consistenti. Pertanto, il tipo di alveare e ovviamente il clima ambientale determineranno se è necessario un sistema di ventilazione/isolamento.
Tradotto da https://www.arnia.co.uk/hive-humidity/
Riferimenti:
Doul KM (1976) The effects of different humidities on the hatching of the eggs of honeybees. Apidologie 7 (1) 61-66
Ellis MB (2008) Homeostasis: Humidity and Water Relation in Honeybee Colony, Master Thesis (University of Pretoria)
Human H, Nicolson SW, Dietemann V (2006) Do honeybees, Apis mellifera scutellata, regulate humidity in their nest? Naturwissenschaften 93(8):397-401.
Tautz J (2008) The Buzz about Bees. Springer-Verlag, Berlin Heidelberg.
Winston ML (1987) The Biology of the Honey Bee. Harvard University Press, Cambridge Massachusetts.